Settembre 20, 2023

Rapporto Circonomia, rallenta la transizione ecologica in Italia ma sul riciclo resta il primato

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Il Rapporto Circonomia rivela un rallentamento nella transizione ecologica italiana, ma anche un’eccellenza da preservare: il Belpaese resta primo nel riciclo

Per lungo tempo, l’Italia ha vantato un primato ecologico invidiabile tra le grandi economie europee, grazie alla sua capacità di utilizzare in modo efficiente le risorse naturali. Tuttavia, oggi il Belpaese ha perso questa posizione di prestigio a favore dell’Olanda, retrocedendo di un posto. Una svolta rivelata nel quarto Rapporto Circonomia presentato al Festival dell’Economia Circolare e della Transizione Ecologica, promosso in collaborazione con Legambiente, Kyoto Club e Fondazione Symbola. Durante l’evento tenutosi nella cornice capitolina, è stata presentata una sintesi del rapporto che ha evidenziato i recenti trend in calo e in crescita dell’economia circolare italiana.

L’analisi annuale valuta le grandi economie europee utilizzando 17 indicatori diversi. Questi misurano l’impatto ambientale diretto (pro capite) delle attività economiche e civili sull’ambiente e sul clima (5 indicatori), l’efficienza nell’uso delle risorse (6 indicatori) e la capacità di rispondere alle sfide ambientali (6 indicatori). Per lungo tempo, l’Italia ha dominato questa classifica, ma quest’anno le cose sono cambiate. L’Italia è ora al primo posto solo in un caso: il tasso di riciclo dei rifiuti urbani e speciali, che ha raggiunto l’80%. Questo supera di gran lunga la media dell’Unione Europea, ferma al di sotto del 40%. Tuttavia, questo risultato positivo non è uniformemente distribuito tra le diverse regioni italiane. Il Nord del paese continua a primeggiare rispetto al resto, mentre il Sud, in particolare, lotta con una gestione dei rifiuti urbani inefficace e cronica, che rappresenta una sfida significativa.

Rapporto Circonomia, i passi indietro nella transizione energetica

I progressi in altri indicatori sono stati molto più lenti, e il settore della transizione energetica presenta notevoli sfide. Le fonti di energia rinnovabile italiane stanno crescendo a un ritmo molto più lento rispetto ad altri paesi europei. Nel 2022, la produzione eolica è diminuita dell’1% su base annuale, mentre la media europea è aumentata del 9%. Anche se la produzione fotovoltaica è aumentata del 10%, questo incremento è significativamente inferiore rispetto agli altri paesi europei (Germania +20%, Spagna e Francia +25%, Olanda +54%). Le prospettive non sono molto positive nemmeno se consideriamo solo la nuova capacità fotovoltaica installata. In Italia è cresciuta solo dell’11%, la metà di quanto è aumentata in media nell’Unione Europea (+22%). Solo un quinto di quanto è cresciuta in Olanda.

Il rallentamento del cammino “green” italiano

Il direttore scientifico del Festival, Roberto Della Seta, ha sottolineato che oltre al sorpasso dell’Olanda, ciò che colpisce di più è il brusco rallentamento del percorso ecologico italiano negli ultimi anni. In alcuni casi, questo rallentamento non è solo relativo ma assoluto: l’Italia sta consumando più materia e producendo più rifiuti per abitante e per unità di PIL, mentre la media europea mostra una riduzione. Inoltre, l’Italia sta producendo più emissioni climalteranti pro-capite, con un consumo di energia fossile stabile, mentre l’Europa sta riducendo questo consumo. Anche la crescita delle energie rinnovabili in Italia è inferiore alla media europea.

Un’eccellenza chiamata CONOU

Tuttavia, non mancano risultati di cui essere orgogliosi. L’Italia non è solo al primo posto per il riciclo dei rifiuti, ma ha anche prestazioni eccellenti in altri indicatori di economia circolare, come l’utilizzo di materie prime secondarie.

“Il segreto del modello italiano, seppur adesso abbiamo qualche segnale di minor velocità, è dovuto al modello organizzativo dei consorzi”, ha commentato Riccardo Piunti, presidente del Consorzio nazionale degli oli minerali usati (CONOU). “Essendo i consorzi senza fini di lucro, non intervengono nella transazione economica ma nel funzionamento del sistema, ed è questo il segreto della nostra circolarità: oggi si gestisce la qualità, si massimizza la rigenerazione, si lavora con operatori seri e qualificati. Quando si arretra? Quando all’aumentare del numero e tipologie di rifiuti e all’evolversi delle tecnologie non si hanno nuovi impianti”. Un problema che non ha mai sfiorato Conou, realtà che ormai da tempo raccoglie pressoché la totalità dell’olio usato raccoglibile e ne rigenera in il 98% in nuove basi lubrificanti. Un valore unico in tutto il Vecchi Continente. Basti pensare che in Europa il tasso medio di rigenerazione è inferiore ai due terzi.  

“Noi di Conou siamo bravi ma anche fortunati”, ha continuato Piunti. “I nostri impianti di rigenerazione, nati negli anni 60, hanno avuto modo di evolversi e aggiornarsi. E oggi offrono dei lubrificanti con la stessa qualità dei lubrificanti vergini, ma sono adeguati e sufficienti per trattare tutto l’olio minerale usato che produciamo”. “Questo modello porta con sé indubbi benefici sia ambientali che economici. Nel solo 2022, per esempio, le nostre attività hanno evitato l’immissione in atmosfera di 64 mila tonnellate di CO2. Sono stati circa 7,5 milioni i giga joule di combustibili fossili consumati in meno rispetto al modello di economia lineare. Un risparmio di circa 130 milioni di euro sulla bolletta petrolifera per importazioni di greggio evitate.”